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Era la fine dell’estate quando Yola – all’anagrafe Yolanda Quartey – era indietro nel pagamento dell’affitto. Il suo coinquilino si era ammalato ed era stato costretto a trasferirsi, facendo pesare su Yola l’intera rata mensile. Lei, 21 anni, era una giovane cantante ai primi passi sulla scena musicale londinese. Quando il suo padrone di casa le chiese di lasciare la casa, sperò nell’ospitalità di qualche compagno di gavetta in attesa di trovare un lavoro. Niente da fare. Gli amici e i colleghi che chiamava erano tutti molto dispiaciuti, ma nessuno ero disponibile a portarla a casa. Finché Yola esaurì anche il credito sul telefono. Non le rimase che trascorrere le notti dormendo in strada come una homeless.
Più di un decennio dopo, all’età di 35 anni, Yola è diventata un’esuberante cantautrice all’esordio con l’album “Walk Through Fire” e oggi ricorda il suo trascorso ai margini delle strade con buonumore.
L’album è un appetitoso buffet di canzoni country-soul ed evergreen, con violino, mandolino, piano Wurlitzer, prodotto da Dan Auerbach dei Black Keys sulla sua etichetta Easy Eye. Non è soltanto la potente, brillante, profonda, vissuta voce senza spigolature di Yola che impressiona, come subito colpisce nella traccia di apertura, “Faraway Look”. La sua vera magia sta nella capacità di emozionare profondamente, con una gamma dinamica che può passare da un sussurro a un grido di guerra nello spazio di un paio di linee. Quella di Yola è una voce che molti forse hanno ascoltato senza saperlo. Da quando aveva 18 anni, ha prestato la sua voce (e le sue capacità di scrittura) a numerosi brani di artisti, dalle canzoni festose di Katy Perry alle ballate pop di Will Young e alle piste da ballo di Chase & Status; ha fatto un tour con Bugz in the Attic e ha lavorato con i Massive Attack. Tuttavia, solo negli ultimi due anni Yola ha iniziato a creare la musica che ha sempre desiderato. «Non ho mai potuto realizzare le mie idee perché ero sempre la ragazza della band e chi l’avrebbe ascoltata?». Quando ha cominciato la carriera da solista nel 2016, la risposta è stata immediata: una collezione di premi all’American Music Association e un caloroso benvenuto a Nashville, la città che ha abbracciato la sua musica diventando la sua seconda casa. È stata un’affermazione sorprendente per una giovane donna di colore che cresce nella West Country.
Yola non ricorda il suo padre ghanese, che se ne andò prima che lei avesse due anni. Sua madre era «un’infermiera psichiatrica emigrata con un biglietto di sola andata dalle Barbados negli anni Settanta». La mamma di Yola era una donna pratica e stoica che trasferì la sua famiglia a Bristol perché immaginava una vita migliore per loro. Ma il lavoro era difficile da trovare e Yola ricorda che sua madre ronzava sulla sua moto tra decine di lavori diversi. Oltre al lavoro infermieristico e assistenziale, era la “signora Avon” e lavorava al supermercato. Quando i soldi erano pochi, andava a saccheggiare i cassonetti dov’era stato buttato il cibo scaduto. «Sapevamo che eravamo troppo poveri per Babbo Natale» dice Yola. La musica era il suo rifugio preferito. La collezione di dischi di sua madre – Aretha Franklin, Marvin Gaye, Dolly Parton, Elton John – era il luogo ideale dove sognare una vita diversa. A quattro anni disse a sua madre che da grande sarebbe diventata una cantante. Ma per una donna pratica, come la madre di Yola, questa era solo una fantasia irrealizzabile e proibì alla figlia di seguire la sua musica. Tant’è che Yola, quando era ancora adolescente, fu costretta a nascondere le prove e i concerti. Ha provato l’università per abbandonarla presto e, dopo la crisi di Londra, è tornata a Bristol, dove è diventata la frontwoman di una band country-rock chiamata Phantom Limb. Si è sciolta dopo otto anni con la sensazione che i membri della band non l’avessero mai presa sul serio. «Avevo la tensione della gola prima di ogni spettacolo», racconta Yola. «Ho perso la voce a causa dello stress».
Ha creduto in lei Dan Auerbach dei The Black Keys, otto volte vincitore dei Grammy Award. «Nel momento in cui ho incontrato Yola, sono rimasto impressionato. Il suo spirito riempie la stanza, proprio come la sua voce… ha la capacità di cantare in un ruggito pieno o appena un sussurro e questo è un vero dono. Ha reso tutti in studio un istante credente» ricorda Auerbach. «Io amavo gli Everly’s Brothers, il soul, il songbook americano» dice Yola. «Quando Dan e io abbiamo cominciato a parlare, pensavamo di esplorare ciò che amavamo, di andarci davvero». Adesso Yola sta finalmente volando nella musica che ha sempre amato, raggiungendo anche tonalità da soprano che aveva perso. Dopo una vita da outsider, Yola crede di aver finalmente trovato la sua terra promessa a Nashville. “Walk Through Fire” è stato un processo collaborativo, con contributi di icone country e bluegrass tra cui Vince Gill, Stuart Duncan e Ronnie McCoury, per non parlare del chitarrista più “caldo” di Nashville in questo momento, Molly Tuttle. La gioia di Yola di entrare in quella comunità è evidente: è difficile essere una donna di colore in un genere tradizionalmente bianco, figuriamoci una regina, e lei è molto sensibile ai problemi di razza e di colore nell’industria musicale.
Yola ha scelto d’intitolare l’album “Walk Through Fire” ricordando quando quattro anni fa la sua cucina prese fuoco, rischiando di incendiare tutta la casa. Si ritrovò a ridere, pensando che la sua vita era migliore di quanto non fosse mai stata. «C’erano tante altre case nelle quali potevo andare», ride. «Tutti mi dicevano: “Devi venire a stare con me!”».

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